Non pensavo che avrei mai ammesso una cosa del genere, ma sto vivendo una situazione di disagio tecnologico.
Il mio iPhone è fuori uso.
Non è per l’iPhone in sè. Poteva essere Android o Pincopallino.

Lasciamo perdere le cause: colpa mia.
Me lo merito. Anche perché è la seconda volta.

E ora mi guarda spento dallo scaffale accanto alla mia scrivania, tra pile di fogli e vecchi libri. Da un mondo fortemente analogico. In attesa che mi decida di rimandarlo in Olanda (ebbene sì!).

Già: mi ha cambiato le abitudini.
Avevo fatto finta di non accorgermene.

Il mio computer di casa era sempre spento: leggevo le mail con maggiore comodità dal telefono.
E poi vivevo una sensazione di rilassatezza nei confronti dei piccoli e grandi impegni.
Bip, spostare la macchina per la pulizia delle strade; bip, spegnere il forno con l’arrosto; bip, telefonare per il compleanno dell’amico; bip, pagare la bolleta del gas; bip; bip.
La gestione degli appuntamenti mi aveva reso in effetti più efficiente, più puntuale.
E la mia fetta di cervello che si occupa dei reminder, non solo è oggi spenta, ma non si ricorda nemmeno come si fa.

Sono stato catapultato in un mondo sul quale ho l’impressione di non avere più controllo.
E anche se io sono il più grande fautore della tecnologia, questo mi preoccupa, e credo che dovrei fermarmi a riflettere almeno un po’. Meglio di no, però: non si sa mai che le conclusioni mettano in discussione il mio mix di passione, curiosità e comodità tecnologiche.

In un click avrei saputo il tempo di domani in tutte le città in cui mi sposto (si, sono almeno due), ed avrei scelto come vestirmi.
Avrei controllato l’agenda del lavoro, e quella personale. Un occhio alle mail ed uno al calendario mi avrebbero dato il controllo della situazione, mi avrebbero permesso di programmare le prossime ore con sufficiente precisione.
Avrei scaricato le news, in modo da leggerle con calma. Avrei controllato il ritardo del mio treno. Ed avrei sfogliato le foto di mio figlio nell’immancabile momento malinconicopaterno della giornata.
Magari avrei visto la puntata successiva del serial del momento, o ascoltato musica, e questo mi avrebbe fatto assorbire molto meglio le lunghe ore di trasferimento che, da buon pendolare, mi toccano tutti i giorni.
E magari anche qualche videogame, così, giusto per non rallentare i riflessi. Ed una navigata su internet. O un post tramite mail a questo blog.

Tutto sparito. All’improvviso.
Il tempo si è di colpo dilatato.
E’ una sensazione strana: adesso ci sono interi momenti della giornata in cui… non faccio nulla.
Quelli erano i momenti in cui, prima, facevo tanto. Io ci riempivo i vuoti, con l’iPhone.

E adesso mi sento a disagio.
Non tiratemi fuori il discorso dello stress, della dipendenza, della vita analogica, le mucche ed il latte a chilometri zero, dello status symbol, e la natura, e lo smog, le mezze stagioni ed il consumo energetico, e le relazioni sociali quelle in carne ed ossa.

Sto parlando di semplici comodità.
Della necessità di passare del tempo altrimenti sprecato, di avere un compagno di viaggio, qualche volta un aiuto: tanto poi, a quelle mail, dovrò rispondere, prima o poi. E magari, se sotto appare “inviato con iPhone” me lo perdoneranno se sono stato sintetico.

Domani, per il viaggio, mi tocca tornare ai miei libri. Ecco cos’erano, quelli che mi portavo sempre dietro e che hanno piegato la mia schiena. Libri. Quelli con le pagine.

Non erano male. Intorno ai libri ci sono dei riti, tutti da rispettare. Come quello di togliere la sovracopertina, e la fascetta, prima di metterli in borsa, che poi se no si rovinano. Come quello di scegliere il segnalibro a tema, oppure quello di segnare a matita, però leggero, qualcosa che avresti voluto scrivere o pensare tu, e invece lo ha scritto e pensato quell’altro. Ed infatti quell’altro ci ha fatto un libro, significherà qualcosa. E poi toccare le pagine. Sfogliarle, sentire l’odore della carta da due soldi.

Anche perchè io, i libri, su quello schermetto patetico dell’iPhone, non ce li ho mai letti.
E non ce li leggerò.

Quindi oggi mi sono riaffacciato alla mia piccola libreria: tanti titoli acquistati e mai letti.
Mi sa che ne metto in borsa un paio, poi vediamo.
E magari prendo pure l’ombrello, non si sa mai. E mi compro un quotidiano

Ma domani devo subito scrivere alla Apple, che me lo riparino il mio iPhone. Perché le buone abitudini, sono dure a morire.