Finalmente è finita una odissea.
Quasi due anni fa sottoscrissi Alice Mobile con TIM, attraverso una chiavetta HSDPA della ONDA Communication. Precisamente la MT503HS.

Scelsi TIM perchè percorro un tratto in treno dove la sola copertura dati sembrava essere TIM.

Un pacchetto vincolante: due anni e 10 euro al mese per 20 ore di navigazione (poi estese a 30). All’epoca sembrava buono (oggi con Tre navigo per 3GB a 5 euro al mese!)

Ma vi racconto la storia, anche se ormai un po’ vecchia, perché è istruttiva:
Porto a casa la chiavetta e dopo poche ore di test qualcosa non va: il software per PC Windows in dotazione mi segnala, ad intervalli regolari, che la SIM non è inserita. E mi disconnette. Mi tocca sfilare la chiavetta e reinserirla. A volte mi tocca riavviare il PC.

Torno al centro TIM: secondo loro sono in una zona su cui Marte insieme a Giove e gli abitanti di Vega hanno una influenza negativa, e quindi il segnale è così ballerino che la rete mi disconnette in modo regolare.
Colpa mia, avrei dovuto controllare prima, dicono.

Faccio zen e prendo la macchina: mi faccio un giro per la città e dintorni, per vedere se quelli di Vega hanno colonizzato tutto o mi hanno lasciato un cono di luce da qualche parte. Stessa cosa: navigo 5 minuti e poi la SIM si disconnette.

Se pensate che pago a scatti di 15 minuti, ho già bruciato il plafond del mese ed ancora non sono riuscito a leggere una mail! Se poi penso che devo usarla in treno, con l’effetto Dopller che mi spettina, allora butta male!

Mi fermo a ragionare: qui non è la rete della TIM. E’ proprio la SIM che si stacca. Mi puzza di problema hardware.

Torno alla TIM: con una gioiosità invidiabile, mi dicono che questo tipo di servizio è nuovo e sta avendo una tale diffusione che forse le infrastrutture radio non sono ancora adeguate. Come per dire, adesso beccati il cucchiaio di argento, che poi la zuppa forse un giorno arriva. E poi, se c’è una cosa che non sopporto, è la gente che parla male dell’azienda che rappresenta e che gli paga lo stipendio: significa che non hanno carattere e non sono in grado di assumersi la benché minima responsabilità.

Ma io insisto: mi sembra un problema hardware. E scopro che la simpatica signorina dietro al bancone ne capisce di informatica quanto io ne capisco di uncinetto. La chiavetta ha meno di 7 giorni di vita, voglio che me la cambino.

Loro non possono cambiarmi la chiavetta: mi sarei dovuto rivolgere direttamente alla ONDA. Ma normalmente questo problema è da attibuirsi alla SIM (e me lo dici adesso?). Mi tocca spendere altri 10 euro per la SIM nuova più 10 euro di ricarica obbligatoria.
Torno a casa: sembra funzionare.

Tempo una settimana e siamo da capo.
Torno alla TIM: fanno finta di non ricordarsi di me, ci litigo.
Non mi vogliono ascoltare. Devo ancora sopportare 23 mesi di disservizio?
Chiedo l’annullamento del contratto.
Devo scrivere una raccomandata doppia carpiata, ma devo comunque pagare la chiavetta a prezzo pieno come nuova.

Mi consigliano di rivolgermi ad un altro centro TIM, dove evidentemente registrano i contratti per loro: scaricabarile, lo sport nazionale.
Vado al nuovo centro TIM: si fanno una risata, danno la colpa al mio PC, al mio sistema operativo, all’antivirus, a quel file che ho scaricato mesi da fa internet. A tutto. Ma non è colpa loro.
Pure loro mi vogliono vendere una SIM nuova. E magari il loro NetBook che garantisce miracoli.

Torno a casa: installo ben tre macchine virtuali nel mio desktop: Linux Ubuntu, Windows XP e Windows Vista (eh si, all’epoca avevo Vista). Stesso identico problema. Cinque minuti e sono di nuovo off-line.
Torno al centro TIM, gli racconto dei miei test, ma è tutto inutile: fanno finta di interessarsi, ma è solo teatro.

Allora scrivo alla Onda: mi mandano i drivers, e scopro che sono identici a quelli che ci sono nel CD della confezione. Che sono vecchi di 6 mesi.
Mi suggeriscono di disabilitare l’Hi-Speed e navigare in GPRS, che è più stabile.
Come dire, ti vendo una ferrari, ma vacci sempre in prima.

Allora mi rivolgo a Google: sembra che nessuno abbia la mia chiavetta!
Trovo un articolo interessante: la chiavetta ha uno slot per MicroSD e nel firmware c’è una istruzione per l’auto avvio che protrebbe creare problemi.
Ci risiamo: mi tocca smanettare! Così aggiorno il firmware con l’opzione che toglie l’auto avvio.

Inserisco la chiavetta su Windows: adesso non parte nemmeno il software di connessione della TIM: il SO non rileva la chiavetta. Provo con Linux: per fortuna è più sveglio. Navigo. Navigo decentemente per ore.
Una speranza si impossessa di me.

Formatto il mio netbook da treno, e ci installo l’ultima distro di Ubuntu. La chiavetta funziona.
Lo porto in treno, con entusiasmo. La connessione va e viene. Su Linux non ho l’icona per la disconnessione della SIM, quindi non capisco se si tratta del solito problema o è uno nuovo.
Indago, e scopro che ogni volta che c’è un cambio di cella, vengo disconnesso: come per dire: se vuoi navigare, cerca di stare fermo dove sei. Così non mi serve, però.

Torno a casa. Metto la chiavetta nella scatola e la conservo in bella vista, come monito.
Non deve più succedere una fregatura del genere: più che altro per il mio fegato.

E’ rimasta lì fino a questa estate: l’ho portata con me in vacanza. L’avrei usata fermo nella camera di albergo.
Volete sapere? Ogni cinque minuti disconnesso: in 4 giorni ho esaurito le 30 ore di navigazione, senza navigare.

Nel frattempo mi è capitato di leggere alcune cose: date un occhio qui e pure qui (da cui è tratto il titolo del post).

Ci sono molte note negative da questa esperienza: innanzitutto le aziende non sono preparate per dare un servizio di connettività decente, tutt’oggi. Ed il loro dipendenti sono mandati allo sbaraglio, sono assolutamente incompetenti. Venditori puri, quando servirebbero dei tecnici collaborativi.
Poi, anche in caso di disservizio, si è costretti a pagare (oltre 240 euro in due anni nel mio caso) pur di non invischiarsi in procedure burocratiche labirintiche, che alla fine ti farebbero spendere più soldi e più tempo.
Ed è inutile scandagliare i contratti: le clausole proteggono le aziende.

Ecco perché alla fine mi è toccato andare da Apple: lì c’è una dittatura. Prendere o lasciare. Così o niente. Comandano loro, anche per te. Ma le cose funzionano senza smanettare.