Continuiamo la discussione sul Sistema Zonale iniziata qui, ma diventa a questo unto  necessario rinfrescare la “Legge di reciprocità“, per altro più volta affrontata in questo blog (basti leggere la regola del 16!)

Scattare uno fotografia significa trovare una specie di equilibrio tra le parti in grado di produrre una immagine correttamente esposta.
Il che significa che se si incrementa da una parte, da un’altra parte bisogna decrementare.

Se ad esempio si ottiene una buona esposizione con un f/8 a 1/60 di secondo a 100 ISO, la stessa equivalente esposizione si ottiene con un f/5.6 (apro di uno stop facendo entrare il doppio di luce) a 1/120 di secondo (dimezzo i tempi per compensare l’apertura del diaframma) a 100ISO.
Oppure a f/8 a 1/120 di secondo a 200 ISO: l’equilibrio è sempre soddisfatto.

Cioè se apro il diaframma accorcio i tempi. Se allungo i tempi chiudo il diaframma, e così via.

In sostanza la legge di reciprocità permette di realizzare molte esposizioni equivalenti giocando con i vertici del triangolo della esposizione: tempi, diaframma e ISO.

  • Uno stop di diaframma varia la luce del doppio o della metà.
  • Una variazione dei tempi della metà (o del doppio) varia la luce passante della metà (o del doppio).
  • Una taratura del sensore in ISO differisce in sensibilità in un rapporto doppio: cioè un ISO 100 è sensibile la metà di un ISO 200.

Semplice.

Ora ripeschiamo la Scala Zonale.

Proviamo a realizzare un ritratto.
Impostiamo la camera per una misura della esposizione spot, cioè facendo leggere all’esposimetro solo un punto della scena  (un po’ come se usassimo un esposimetro a mano).

Misuriamo il viso del mimo in basso: l’esposimetro fa il suo lavoro, e vi suggerisce tempi o diaframmi affinché il viso del mimo corrisponda ad un grigio medio, quello della Zona V a 18%. Cioè un RGB intorno a 128.
Scattiamo senza preoccuparci di altro: in basso il risultato.

Ora misuriamo sul collo della simpatica signora: anche questa volta l’esposimetro ha fatto il suo lavoro. Il collo della signora è infatti un grigio medio 18%. L’immagine risulta più chiara della precedente semplicemente perché il collo della signora è più scuro (esattamente di 0.75 stop) rispetto alla maschera del mimo.

In entrambi i casi la foto è sottoesposta.

La misurazione spot è fortemente condizionata dal punto in cui si decide di misurare. In molti avrebbero forse misurato l’esposizione sulla maglietta della signora, molto più vicina nella realtà ad un grigio medio di quando non sia il suo collo o la maschera del mimo, che è addirittura bianca (la maglia di fatto è rossa ma la cosa non importa: ragioniamo in monocromia!). Ma non sempre è possibile individuare in una scena un elemento “importante” che possa corrispondere alla Zona V.

In realtà entrambe le scelte erano giuste: ma prima di scattare sarebbe stato necessario decidere (o meglio previsualizzare) in quale della undici Zone tonali portare i nostri punti di misura:

  • il collo della signora dovrebbe risultare in Zona VI, come un qualsiasi incarnato chiaro.
  • la maschera del mimo in Zona VIII, visto che è molto bianca, ma deve poter comunque evidenziarne i lineamento.
Ecco che:
  • Avremmo dovuto sovraesporre la lettura dell’esposimetro sul collo della signora di uno stop. Oppure,
  • Avremmo dovuto sovraesporre la lettura dell’esposimetro sulla maschera del mimo di tre stop.

Ecco quindi una serie di passi:

  1. Si previsualizza la Zona per come vogliamo che appaia in foto (ad esempio la maschera del mimo in Zona VIII).
  2. Si misura quell’area con l’esposimetro in modo da ottenerne una esposizione in Zona V.
  3. Si contano il numero di zone che intercorrono tra la Zona V e la Zona previsualizzata (ad esempio 3 stop).
  4. Se la zona previsualizzata è più chiara si apre il diaframma o si diminuiscono i tempi o si aumenta la sensibilità dell’ISO del numero di stop opportuni (nel nostro caso 3). Viceversa se la zona previsualizzata è più scura.
  5. Si scatta.

In alto la foto con una corretta esposizione: ho misurato il viso del mimo ed ho sovraesposto di 3 stop portandolo dalla zona V alla Zona VIII. Il resto della foto è conseguenza naturale di questa mia scelta-

Solo una nota: perché non utilizzare una lettura Matrix per l’esposizione invece delle lettura spot?
Certamente si sarebbe ottenuta una buona foto, ma non avremmo mai avuto la certezza di avere il viso del mimo nella Zona desiderata, e quindi della tonalità di grigio (o bianco) desiderata.
Solo una lettura spot insieme alla applicazione del Sistema Zonale, ci forniscono gli strumenti per avere il miglior controllo possibile sull’esposizione.

Il metodo comunque è semplice, ma si basa pur sempre sulla misura di una sola area. Tutte le altre aree della immagine saranno legate a questa, e si sposteranno nella scala Zonale della stessa quantità di stop e nella stessa direzione. Occorre quindi scegliere opportunamente la Zona, che dovrebbe preferibilmente far parte del soggetto principale, o di un area che vogliamo perfettamente tutelare nella nostra previsualizzazione.

Tutto qui.
Esistono comunque altri metodi di misura:

La misura delle ombre: chi usa le pellicole sa che è il metodo migliore date le caratteristiche dei film. In genere si individua un’area che si vuole in Zona III, cioè una porzione scura della scena. La spiegazione è presto data: durante il trattamento le pellicole sono meno influenzate nelle zone di ombra, poco esposte, rispetto alle zone di luce. In fase di sviluppo poi si possono sempre tirare fuori le luci che sono state sacrificate da una probabile sottoesposizione senza alterare troppo i dettagli nelle ombre (“esponi per le ombre e sviluppa per le luci“).
Questo metodo non è indicato per il digitale, che invece non tollera le sovraesposizione facendo perdere troppo facilmente dettagli in Zona X.

La misura delle alte luci: chi usa il digitale espone invece le Zone VIII. In genere si individua l’area più chiara e luminosa di una scena, si misura (Zona V), si aumenta di 3 stop e si scatta: in questo modo si è ragionevolmente sicuri che nessuna zona della foto sarà stata irrimediabilmente sovraesposta e bruciata.
In fase di post produzione è poi possibile schiarire le ombre (ma solo se si scatta in RAW), recuperandone i dettagli altrimenti troppo scuri.
Uso molto questo metodo soprattutto quando ci sono soggetti in contro-luce, o c’è un tale contrasto nella scena da mettere in crisi la latitudine di posa del miei sensori.

Tra i due metodi ce n’è un terzo, più fine, interessante, anche se l’esperienza mi ha insegnato che spesso equivale alla lettura Matrix di una buona camera.
Consiste nel calcolare il valore medio tra la area più scura della foto (Zona III) e l’area più chiara (Zona VIII). Purtroppo questo metodo funziona solo se la latitudine di posa necessaria alla buona esposizione della scena non supera i 4 stop.

__________

Il Sistema Zonale non riguarda solo il processo di previsualizzazione e scatto, ma anche (o direi soprattutto) il processo di sviluppo e stampa.
Argomento complesso, ed oggi forse di poco interesse, visto che si lavora prevalentemente in digitale.

Per cui la discussione sul Sistema Zonale si ferma qui.
Almeno per ora.

Nei prossimi post vediamo come convertire in BN una foto scattata in digitale a colori.