Alcuni pensieri di Martine Franck:

“Una fotografia non è necessariamente una menzogna, ma allo stesso tempo non è certo la verità. Si tratta più che altro di un’impressione, soggettiva e fugace. Quel che mi piace della fotografia è il momento preciso che non può essere anticipato; bisogna stare sempre all’erta, pronti ad afferrare l’inatteso.”

“La macchina fotografica è in sé una frontiera, un tipo di barriera che bisogna costantemente abbattere per potersi avvicinare in questo modo il più possibile al soggetto. Facendo questo, si rischia di oltrepassare i limiti; c’è un senso di rischio, di andare oltre, di diventare eccessivo, di voler essere invisibili.
Passando dall’altra parte, puoi ritrovarti di là se ti dimentichi momentaneamente chi sei, se cerchi di essere il più ricettivo possibile verso gli altri; è quindi evidente che, essendo fotografia, io sono costantemente allo stesso tempo nei due mondi: questo è tutto quel che posso dire veramente di ciò che sento quando fotografo – il resto rimane nel dominio dell’inconscio.”

“Come è possibile mostrare la disperata situazione dei Tibetani senza riferirsi al Buddismo, con cui la loro cultura è profondamente connessa? Questi giovani Lama che ho fotografato negli ultimi anni diventeranno un giorno le guide spirituali dei Tibetani (speriamo, non solo di quelli esilio). Come nel nostro Medioevo, è all’interno dei monasteri che la loro cultura viene preservata e trasmessa. La loro vita in qualche modo ricorda quella di un collegio inglese, senza però l’enfasi sulla competizione sportiva. Si tratta di una vita spartana, disciplinata; vestono un'”uniforme” e sono educati per diventare un’èlite ma con molto più affetto intorno a loro di quanto non avvenga in Inghilterra. I Monaci possono essere molto materni.”

“Da piccola, mia madre mi dava da leggere Mark Twain, oppure Conan Doyle. Sherlock Holmes e Hitchcock sono ancora oggi una mia passione e questo ci porta indietro al mistero della vita, la parte inattesa della realtà che costantemente ci sorprende, ci spiazza. In fondo, credo che questo sia il motivo per cui non mi annoio mai di fotografare.”