Giudicare e selezionare una immagine è spesso più difficile che realizzarla.
Ecco perciò un paio di consigli non richiesti.
Innanzitutto non abbiate fretta: a differenza di giornalisti e fotoreporter, i fotografi amatoriali hanno dalla loro parte il tempo (ma questo consiglio andrebbe bene per tutti).
Non selezionate le foto subito dopo averle riprese.
Lasciate passare del tempo, il più possibile.
Dopo una sessione fotografica le nostre immagini ci forniscono molte più informazioni di quanto noi non crediamo: conosciamo perfettamente anche ciò che non è stato immortalato, quello che è rimasto fuori dal quadro. Sono evocate in noi scene ed accadimenti che però, nella foto, non ci sono mai entrati.
In fondo è questo lo scopo delle foto personali: quello di far emergere i ricordi di un evento importante, magari di una persona cara, di un momento da fissare negli anni a venire. Davanti ad una foto potremmo passare le ore a raccontare ciò che evocano in noi: raccontiamo il contesto che non è stato fissato nell’immagine, ma che è sufficiente per scatenare i nostri più articolati ricordi.
Ma per le foto di reportage (o di street photography) ed in generale per molte foto non destinate al nostro archivio privato, la cosa non va bene. L’immagine deve essere auto consistente. O deve esserlo quando è in relazione con altre immagini.
Robert Frank, per raccontare gli americani degli anni ’50 ha selezionato solo 83 foto su 25.000. Dopo oltre due anni di lavoro.
Provate a fare un esercizio: scrivete la didascalia di una vostra foto: vi accorgerete che tenderete ad aggiungere dettagli che un osservatore esterno non può cogliere, perché nella foto in realtà non ci sono. Quei dettagli sono rimasti semplicemente nella vostra testa. E voi credete di vederli anche nell’immagine.
(scrivere la didascalia è uno strumento di analisi molto efficace, fondamentale in un progetto di documentazione).
Questo in realtà potrebbe essere un allarme: forse avreste voluto cogliere una scena che vi è sfuggita nella sua completezza.
Serve del tempo per renderle i nostri ricordi più leggeri, più vaghi. Lasciatelo passare.
Se aspetterete questo momento, il giudizio circa il vostro scatto sarà più oggettivo. Più distaccato. Più efficace. E vi renderete effettivamente conto se avete colto l’obiettivo o meno.
Altro esercizio: provate a riselezionare le foto di una vostra vecchia sessione. Vi stupirete nel trovarvi a scegliere immagini che avevate scartato, e scartare immagini a suo tempo selezionate. Normalmente questa seconda selezione sarà migliore della prima.
Ultima cosa: il modo migliore per scegliere le foto è stampare i provini e sparpagliarli su un bel tavolone. Mi rendo conto che è costoso. Ma le foto vanno giudicate nel loro insieme, soprattutto in un progetto complesso.
Dotatevi di software che ha gli strumenti di selezione più efficaci, come Adobe Lightroom, con cui potete confrontare contemporaneamente molte foto in modo rapido. Non usate gli strumenti standard del vostro sistema operativo, o il vostro programma di fotoritocco: attrezzatevi. Il processo di selezione (e tagging) è il processo più complesso (e doloroso) nel ciclo di lavoro di un fotografo.