Ognuno ha la sua fonte di ispirazione, ed il suo rito propiziatorio.
Robert Frank – la foto che apre il libro |
Lui che fa? Investe i soldi (con la benedizione della Fondazione) in un viaggio lungo un anno, per le strade degli Stati Uniti.
Lui, la moglie ed i suoi due figli.
Attraversati in modo precario su una vecchia automobile usata.
Ma le sue immagini non piacciono.
Robert Frank – funerale |
Il genio di Robert non trova un editore.
La Fondazione non lo aiuta: non sono quelli gli americani che si aspettavano.
Ed in Europa il successo è strepitoso.Alla fine gli Americani lo stampano (sono costretti a farlo) ma lo massacrano di critiche.
Lo definiscono un anti-americano di sinistra: ma lui è un innovatore che sa osservare. Kerouac dice che lui sa vedere.
Se non fosse stato per l’introduzione di Kerouac sarebbe stato un flop. (qui trovate la prima bozza scritta a macchina)
Gli Stati Uniti non sono pronti per il lavoro di Robert Frank: la sua visione è molto personale, distaccata e triste. Tira fuori l’anima inquieta di un popolo.
Lui è definito un poeta tragico del mondo: ma io penso che il suo stato d’animo sia sempre stato incerto, davanti a questo mondo.
Robert Frank – ascensore |
Ma non è questo il punto.
Pensate al lavoro di selezione delle 25.000 immagini.
Agli scatti sacrificati in nome di un progetto.
Alla sforzo di impaginare quasi con un taglio cinematografico, quasi fosse un montaggio.
Allo sforzo di raccontare una storia, fatta di fotogrammi collegati tra di loro.
Oppure attraverso il rincorrersi di temi ricorrenti: la morte, le bandiere, i jukebox, i cappelli, le automobili.
Si tratta di un capolavoro. Di un metodo. Di un insegnamento.
Si tratta del primo esempio di un vero e proprio progetto documentale editoriale coerente e consistente.
Si tratta di un lavoro di sintesi di estrema efficacia.
Si tratta di un invito alla qualità. Alla sostanza e non alla forma.
Si tratta di sposare una idea ed un disegno, e difenderlo.
Si tratta di narrare con le immagini.
Chi come me fa street photography ha la presunzione di documentare la vita che scorre nel suo quartiere, nella sua città.
E dopo ogni uscita porta a casa centinaia di scatti, che magari si riducono a poche decine di immagini decenti.
E spera che alcune di esse abbiano qualcosa da dire.
Ma il lavoro è appena iniziato: è necessario fare una selezione, correlare le immagini per tema, stile.
E’ necessario disassociare i proprio ricordi, la propria visione del mondo che è rimasto fuori dall’inquadratura, e concentrarsi solo su ciò che si è deciso di immortalare.
E’ necessario avere in mente la storia che si vuole raccontare.
E’ necessario dare un taglio preciso al proprio lavoro.
E’ necessario essere preparati, e non avere paura di affrontare il mondo.
E per questo ci vuole talento, ed è necessario conoscere il linguaggio fotografico del reportage.
E Robert Frank, questo linguaggio, lo ha inventato.
Dopo di lui nessuno ha avuto la sua capacità da pioniere.
Ed oggi, purtroppo un’opera del genere è inconcepibile.
Per mille problemi, anche legati alla privacy: ma questa è un altra storia.
Ed allora quasi quasi mi guardo qualche immagine, mi faccio raccontare qualche storia, e poi faccio un salto fuori con la mia reflex.
PS: il libro lo trovate ristampato e tradotto dalla Contrasto per il 25th. Date un occhio anche qui.
Uno dei migliori libri che ho, forse quello più "scritto" tra tutti quelli di fotografia 😉