Lo ammetto, sono alla ricerca da mesi e mesi di una occasione per acquistare una Lubitel 166+ Universal.
La cosa che mi attira è che questo nuovo modello permette di montare senza fatica il 35mm (oltre al 120mm nativo), impressionando così  tutta la pellicola, anche gli sprockets; e soprattutto non mi obbligherebbe a riavvolgere il film chiudendomi nel buio del mio bagno!

La camera con la confezione originale russa ed il manuale

Lo scorso week-end cercavo libri e giocattoli per mio figlio nei negozietti dell’usato (ci sono cose “d’epoca” fantastiche).
E cosa vedo? Una Lubitel 166 Universal apparentemente nuova. Deve essere destino: ci ho messo pochi secondi: comprata, per altro ad un prezzo più alto del suo valore commerciale, ben 30 euro!, ma si sa, la lomografia è apparentemente tornata di moda!

La camera era in condizioni estetiche incredibili, ha la scatola originale russa (un po’ acciaccata), il manuale di istruzioni (in russo) con tanto di timbro del rivenditore (russo), ha le mascherine per scattare ed inquadrare in formato rettangolare (6×4,5) invece che quadrato (6×6), ed ha lo scatto a filo. Insomma, pacchetto completo!

Ero entusiasta dell’acquisto come un bambino in un negozio di dolci! Non mi importava nemmeno provarla…

Ma partiamo dall’inizio e magari facciamo un po’ di storia.

Lubitel in russo significa amatore. Ed è il nome di una storica reflex biottica medio formato costruita in russia da LOMO (Leningradskoe Optiko Mechanichesckoe ObjedinenieЛОМО in cirillico) fin dagli anni ’50. E’ la copia spudorata (e secondo me migliorata) della Voigtländer Brillant degli anni ’30. Da allora si sono susseguiti molti modelli.

La Lubitel in tutto il suo splendore

E’ sempre stata considerata una toy camera: prezzi popolari, plastica, bachelite, bassa qualità costruttiva, resa che dipende fortemente dal singolo esemplare (come tutte le toy cameras d’altra parte). Di certo non famosa per la sua facilità di utilizzo (e di messa a fuoco). Ma le sue caratteristiche generali sono di tutto rispetto.

Le ghiere di tempi e diaframmi

Quella oggi in mio possesso è l’ultimo modello della produzione originale russa della LOMO: è stata prodotto dal 1984 al 1988. Il mio esemplare è stato venduto al primo proprietario nel 1990.
La LOMO ormai non produce più queste camere, e le redini (insieme a tutti i diritti) sono state prese nel 2006 dalla Lomographic Society (statunitense) che dal 2008, a distanza di venti anni, ha ricominciato a produrre la Lubitel con il modello 166+. Credo che però gli impianti che sfornano questo giocattolo siano ancora quelli di San Pietroburgo.
Che cosa è?
Come dicevo è la reflex biottica (TLR) medio formato dei poveri. Sembra un giocattolo, ma ha le lenti in vetro (un 75mm fisso che mette a fuoco da 1,5m a infinito), un selettore dei tempi che arriva fino a 1/250 di secondo e la ghiera dei diaframmi (da F4.5 a F22). Utilizza pellicole tipo 120mm per immagini quadrate 6×6 oppure rettangolari 6×4,5 con un apposita mascherina da montare nel cassetto pellicole.
Dispone della slitta per flash!

Macchina completamente manuale: l’otturatore si carica a mano con un leva, ed anche l’avanzamento della pellicola è manuale. Ovviamente è senza esposimetro, manco a dirlo.

Ma cos’è che mi attira di questo tipo di macchine?

Una vista del mondo dall’alto

Intanto diciamo che ricordo il fotografo del paese che veniva ogni anno a fotografare le classi delle scuole elementari e poi delle scuole medie. Aveva con sé sempre una biottica, ed il fatto che scattasse guardando dall’alto in uno strano pozzetto ha sempre incuriosito noi bambini dell’epoca.

Ma certamente è interessante il formato nativo quadrato: tipico delle camere di medio formato, e certamente il modo più “democratico” di inquadrare la scena (si, lo so che esiste la funzione crop in Photoshop!).
Poi anche la grande dimensione delle pellicole ed il fatto che normalmente sono macchine completamente manuali (qui non c’è la pila!).

La camera con l’accessorio per il formato 6×4.5.

Ma soprattutto il fatto di vedere il mondo dall’alto tenendo la camera all’altezza della pancia, il fatto di dover avere mille accortezze (che diventano con il tempo un vero e proprio rito) per impostarla e soprattutto per montare la pellicola da 120mm, che si tocca con mano e di cui si sente l’odore, delicata e a rischio di essere bruciata.

E poi la precisione necessaria per far avanzare la pellicola a mano, con il rischio di sovrapporre le immagini o sprecare gli scatti, sbirciando nervosamente dalla finestrella rossa che inquadra le tacche di avanzamento.

Insomma, credo sia un modo per farti meglio desiderare e apprezzare l’ultimo fatidico gesto dello scatto: una preparazione che ha il suo culmine nell’inquadratura, nell’armare l’otturatore per poi liberarlo con un click. Una sensazione che oggi è andata persa, uccisa dagli scatti a raffica delle moderne fotocamere analogiche.

Consiglierei a tutti un tuffo nella fotografia degli anni ’50: ha una funzione non solo didattica, ma quasi catartica!

Chiacchiere a parte come funziona una camera del genere?

Innanzitutto è necessario procurarsi una pellicola di formato 120mm. Queste pellicole sono avvolte in un rocchetto e non hanno la protezione di metallo che le protegge dalla luce.

Vi serve anche un rocchetto vuoto, ma generalmente ce n’è sempre uno disponibile con la macchina.

L’operazione è semplice ma delicata: si svolge la prima parte della pellicola che non è impressionabile, si incastra il lembo libero nel rocchetto vuoto, si fissano i rocchetti nella macchina e si fa scorrere la pellicola con l’apposita manopola guardando dalla finestrella rossa i segni che indicano il primo fotogramma. Quando il rullino finisce, il film si trova avvolto nel primo rocchetto, quello partito vuoto; e si conserva il rocchetto che si è liberato per il giro successivo.

Leggete qui, ma il video in basso sarà certamente più chiaro (lui usa una lubitel 2 ma il discorso non cambia):

Due esempi di 120mm

Questa cosa dell’avanzamento manuale del film è interessante: come si fa a sapere di quanto ruotare la manopola posta sul lato della camera per far avanzare la pellicola esattamente di un fotogramma?

Il fatto è che quando si acquista una pellicola da 35mm, il numero delle esposizioni è stampato direttamente sulla scatola perchè la dimensione del fotogramma è stata fissata prima.

Diventa un po più complicato con le 120mm perché lo stesso film è utilizzato in macchine fotografiche con differenti formati di immagine. Quindi il conteggio dei fotogrammi è diverso per i diversi tipi di macchina fotografica.

La stessa Lubitel (ma anche la Holga) può scattare fotogrammi 6×6 (classici) oppure un numero maggiore di fotogrammi 6×4,5.
Ed ecco che sul retro delle pellicole ci sono stampati alcuni indicatori, disposti su due file: in basso per il formato 6×6, in alto per il formato 6×4.5.
Sulla Lubitel è possibile spostare opportunamente la famosa finestrella rossa (di fatto il conta pose) per andare a sbirciare i segni di proprio interesse (quelli per il formato scelto).
In realtà far avanzare manualmente (in un senso e nell’altro) la pellicola è una grande opportunità: con questi tipi di macchine giocare con l’esposizione multipla di un fotogramma è quasi obbligatorio, soprattutto considerando che si può far avanzare la pellicola solo per il tratto desiderato! Guardate qui:

Ma come si scatta?
Esattamente come con una normale fotocamera: prima di tutto si inquadra il soggetto guardandolo dall’alto nel pozzetto.


Si mette a fuoco nel cerchietto centrale della finestra.

Si impostano tempi e diaframmi con le apposite leve: quella nera a destra nella foto e quella subito in alto. Ovviamente, non essendoci l’esposimetro, bisogna attrezzarsi: o si acquista un esposimetro esterno, oppure si fanno due calcoli a mente con il sistema della regola del 16.

Si arma l’otturatore (la leva a sinistra da premere verso il basso), e poi si preme un’altra levetta (la seconda da sinistra)  per lo scatto.

Finito il film, non è necessario avvolgere la pellicola, che sarà già completamente avvolta nel secondo rocchetto. Bisogna solo fare molta attenzione a come si apre la camera oscura e si sganciano i rocchetti. Spesso in fondo al film si trova una striscia adesiva (tipo francobolli) che può essere utilizzata per chiudere in maniera sicura il rocchetto: è spesso è al gusto di mentolo!


Qualcuno riesce ad utilizzare un film da 35mm anche su questo modello di Lubitel non predisposta.

Qui c’è un gruppo a tema su Flickr in modo che possiate farvi un’idea delle foto.
Qui ci sono dei fotografi sponsorizzati dalla Lomography.
E qui qualche tip e tricks.

Purtroppo preso dall’entusiamo non mi sono accorto che l’otturatore della mia camera soffre di un piccolo disturbo, comune a quanto pare a molte Lubitel. Qui un video:

Quindi ho dovuto portare la mia Lubitel ad un fotoriparatore, molto esperto e gentile, ma che è costato più della camera!

Mi ha dato un consiglio importante: in queste camere la leva dello scatto ritardato va premuta solo dopo aver armato l’otturatore, mai prima. Altrimenti c’è il rischio di far inceppare i semplici meccanismi e molla. Tutti le camere che soffrono questo difetto, probabilmente sono state marltratte dal proprietario!

Dopo lo sviluppo, per scansionare queste pellicole da 120 consiglio il Digitaliza di LOMOGRAPHY, reperibile su Amazon: Lomography – DigitaLIZA 120 Scanning Mask

Per la cronaca la versione “plus” la trovate anche su Amazon: Lomography Lubitel 166+ Fotocamera

Come al solito trovate anche qualche consiglio per gli acquisti. Se questo post vi piace, acquistate tramite i links di questo blog e potrete donarmi una piccola percentuale dell’importo speso, senza sovrapprezzo sul listino di amazon.it o di ebay.it. Se non vedete i link verso Amazon o eBay, disabilitate eventuali ADV blocker come ADBlock o uBlock. 
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Se invece volete cercare qualche lubitel su ebay, .

Qualche altra risorsa:

http://lubitel-resource.tripod.com/
http://www.mediajoy.com/
http://cameras.alfredklomp.com/lubitel166u/
http://www.rolandandcaroline.co.uk/russian2.html#lubitel2
http://www.italianfilmphotography.it/
http://www.rogerandfrances.com/