Un appassionato di lomografia non può non possedere alcune macchine storiche (ed altre meno storiche, ma certamente cult).

Tra queste la HOLGA: è una medio formato fabbricata in Cina dalla LOMO, pensata per la classe operaia cinese, molto economica perché in plastica.
Holga prende il nome dal termine “gwong ho“, che significa “molto brillante“.

Questa macchina si è diffusa con il passaparola, fino ad arrivare in occidente.
Oggi continuano a fabbricarla in Cina, sempre sotto il marchio russo ma oggi di proprietà austriaco/americana della Lomography Society: e la distribuiscono in tutto il mondo con un successo strepitoso, corredata da numerosissimi accessori.
Per altro è utilizzatissima nella fotografia di strada, per cui non potevo non averla.

Così, dopo averla corteggiata per molti mesi in un negozio di fotografia (oggi costa circa 60,00 euro), ne ho ordinata una direttamente da Honk Kong: il venditore su eBay (un negozio con oltre 24000/99% di feedback positivi) prometteva una Holga 120GCFN (l’ultima di una lunga generazione di Holga) ad un prezzo di poco superiore ai 40,00 euro spedizione inclusa.

Ho pagato, ed ho atteso. A distanza di circa un mese è arrivata la scatola (piccola) che si intravede a lato. E dentro la camera bianca.

Qualcosa non torna: c’è la camera, il riduttore per il formato 4,5×6, la cinghia, alcuni fogli di istruzioni in inglese e cinese.
Ma la confezione non è quella attesa: ho risparmiato circa 20 euro, ma ho rinunciato al libro, ad un rullino da 120mm, al nastro nero per chiudere le infiltrazioni di luce (!) ed alle pile.

Quindi, in sintesi, ho pagato ciò che mi arrivato. E dopo un primo momento di disorientamento, ho analizzato la camera: è lei, una Holga 120GCFN, quella con il flash colorato in testa (CF=color flash). Non è una copia. E proprio lei. Nella confezione con cui è venduta regolarmente in Cina. Quasi più originale di quella venduta in Italia.

Ma perchè questo interesse per un giocattolo?
Ogni Holga ha un’anima propria, un carattere distintivo che viene poi trasferito nelle sue immagini.
In sintesi: non ci sono due Holga uguali al mondo.
E le immagini  che produce hanno un che di onirico.

La lente (in questo caso è di vetro, la G nel nome = glass) non è perfetta, così come l’otturatore ed il diaframma; ed anche il corpo macchina, che non ha guarnizioni, crea qualche inconveniente; per non parlare della possibilità che le lenti si appannino in inverno, o che il film venga graffiato dal meccanismo di avanzamento!

Ne risultano forti vignettature, colori saturi, dominanti accese, aberrazioni cromatiche, distorsioni varie ed infiltrazioni di luce (non a caso il nastro isolante!).

Un giocattolo?
Forse si. Ma anche no.

Sembra un ritorno alla preistoria, invece è uno strumento altamente creativo dalla forte personalità!
E’ un simbolo di controcultura molto saldo, in grado di spazzare via ogni complicazione: solo l’occhio ed il soggetto!

Basta fare una ricerca su Google con il termina Holga per aprirsi ad un mondo nuovo, pieno di community attivissime, di mostre nelle gallerie più prestigiose, di hacking spettacolari.

Conosco fotografi appassionati che collezionano decine di Holga, ed imparano a conoscerne il comportamento nel corso di anni ed anni di costante pratica.

da qui

Conosco chi ha montato su una Holga moderni obiettivi da reflex, e chi ha comprato l’adattatore per montare l’obiettivo Holga sulla Hasselblad (oppure su una recentissima reflex Nikon).
Conosco chi la usa con il 35mm (anche qui) e chi ha sostituito la lente con un foro stenopeico (ottenendo la “Pinholga” oggi per altro prodotta ufficialmente).
Conosco chi l’ha trasformata in una Polaroid e chi l’ha completamente disassemblata.

Se volete vedere una Nikon D300 digitale (non più così recente, ma sicuramente una reflex storica) con un completo set di obiettivi HOLGA, tra cui in PinHolga, guardate cosa ho combinato qui…

Tant’è vero che è quasi un paradosso comprare una Holga nuova: il mercato dell’usato offre numerose opportunità di portare a casa camere che con il tempo hanno enfatizzato i loro difetti enfatizzando così il loro carattere.

In sostanza, la Holga, insieme alla Diana, si gioca la leadership delle camere giocattolo più ambite al mondo.

Qualche obbligatoria nota tecnica:
– pellicole da 120mm medio formato.
– obiettivo 60mm (38mm equivalente al formato 35) con due aperture: f/8 ed f/11 (ma sembra che il diaframma sia inutile, l’effetto delle aperture è indistinguibile!)
– tempo fisso ad 1/125 di secondo oppure la posa “B”.
– messa a fuoco manuale con quattro impostazioni di distanza (da ritratto a paesaggio).
– flash colorato da quattro gelatine (giallo, rosso, blu, chiaro), alimentato da 2 batterie “AA”.
– vite per treppiedi e avanzamento manuale della pellicola!

Date un occhio di qualche foto casuale pescata in rete.

da qui

Come regolarsi per scattare?

Intanto sarebbe meglio tappare qualche buco: almeno per i primi scatti non è il caso di rischiare infiltrazioni di luce. Basta un po’ di nastro isolante, magari in tinta con la camera (come ho fatto io con la foto al lato).

Devo ammettere però che questa ultima generazione di Holga mi sembra più precisa nelle sue giunture (miracoli del CAM, forse), e la camera interna è una unica fusione di plastica senza fessure. Per cui, ad esempio, i nastri nella parte frontale della camera (foto in basso) sembrano superflui. Sicuramente conviene tenere tappata la finestrella rossa del contapose.

Poi è necessario decidere la messa a fuoco: Holgamods dice che le icone corrispondono a 0.9m, 1.8m, 2.7m e infinito, mentre altre fonti danno 0.9m, 2.7m, 4.5m e “molto lontano“, o addirittura 1.2m, 3m, 6m ed infinito. Se pensiamo che qualcuno offre un servizio di calibrazione, è facile pensare che ogni Holga mette a fuoco a modo suo.

Facendo una media diciamo che che le distanze sono, circa:
1m, 2.5m, 5m, ed infinito (e speriamo in una adeguata profondità di campo a venirci incontro).
Inutile dire che il mirino non può aiutare!
Il diaframma sembra non funzionare: sono in molti a dire che i risultati tra f/8 ed f/11 sono assolutamente indistinguibili. Quindi basta fissarne uno, diciamo f/11, e non pensarci più.

Per la scelta del film si può utilizzare un esposimetro o la regola del 16, ma le impostazioni sono quasi obbligate.

Il tempo è di 1/125, mentre il diaframma (ammesso che funzioni) è f/8 o f/11.
Nel dubbio, meglio savraesporre: a rigore, in pieno sole basterebbe un film da 100ISO, ma consiglio almeno il 200ISO. Per maggiore flessibilità però optate per il 400ISO, con cui magari si può scattare senza flash anche in giornate un po’ coperte.

Da non dimenticare infine di togliere il tappo prima di scattare (io consiglio di toglierlo e rimetterlo dopo ogni scatto, se possibile) e di far avanzare la pellicola manualmente (a meno che non si desiderino esposizioni multiple). Per non parlare della messa a fuoco, che io scordo sempre di impostare!

Non vedo l’ora di portarla fuori con me.
A breve i primi scatti.