Premessa doverosa: la politica non è il mio argomento preferito.
E comunque in questo blog non ci entrerà mai.

Però il prossimo referendum mi ha obbligato a qualche riflessione.
E purtroppo ogni referendum diventa una facile occasione per speculazioni puramente politiche: ed è questo il problema. Per cui mi tappo il naso e mi appresto a scrivere qualche riga sui quesiti del 12 giugno.
E speriamo bene.

da qui

Parliamo del terzo quesito (quello opportunamente di colore grigio): in sostanza se si vota SI si impedisce la costruzione di centrali nucleari sul territorio italiano (in estrema sintesi). Se si vota NO potrebbe, forse, un giorno, sorgere in Italia una centrale nucleare. Di terza generazione (se facciamo in tempo). O forse di quarta. O di quinta, conoscendo i tempi italici.

E dimentichiamoci per un momento che a ridosso dei nostri confini nazionali, di centrali nucleari, ce ne sono già un numero significativo. E sono vecchie.

Il tutto avviene sulla scia dell’incidente di Fukushima, disastroso.
Spaventoso.

Sicuramente il quesito sul nucleare sarà quello che tirerà di più (non a caso hanno cercato di eliminarlo).

Si parla addirittura della concreta possibilità di raggiungere il quorum. Una volta tanto.
Gli italiani, si sa, sono gente di cuore, più che di testa.
In sostanza, siamo chiamati a decidere del futuro dell’Italia in preda ad un sentimento di ansia e paura, dietro un’onda emotiva fortissima, dopo aver contato centinai di morti in uno dei paesi più avanzati del pianeta.

La maggior parte degli italiani entreranno nelle urne senza una idea chiara delle reali implicazioni della loro scelta referendaria: il nostro sistema di informazione si è dimostrato inaffidabile e forse anche poco democratico.
Io stesso, che non sono un esperto, ho individuato fiumi di informazioni colme di pregiudizi e troppo poco spesso fondate sui fatti.
Si cavalcano le ideologie.
E si guarda ad un orizzonte breve. Forse quello di una o due legislature.

Vado in ordine sparso: il cigno nero.
Quando gli europei sbarcarono in Australia videro dei cigni neri.
Dopo aver creduto, per secoli, supportati da prove inequivocabili, che tutti i cigni fossero bianchi.
Un singolo evento che invalidò un convincimento millenario, sostenuto da esperienze millenarie.
Ci ripetono che il futuro è prevedibile e i rischi controllabili, ma la storia non striscia, salta” ha detto una volta Taleb Nassim, che di cigni neri se ne intende.

L’incidente di Fukushima è stato un cigno nero.
Che che ne dicano i media.

Un evento isolato, inaspettato, con un impatto enorme, e che solo a posteriori può essere spiegato e reso prevedibile.
Nella nostra vita agiamo come se fossimo in grado di prevedere gli eventi, da quelli sentimentali a quelli storici, a quelli naturali: ma quante delle cose che ci succedono avvengono secondo i piani?
Molti cigni neri sono causati e ingigantiti, nel bene e nel male, proprio dal fatto che sono imprevisti.

Ed in alcuni casi sono ingigantiti per ragioni politiche.
Non fraintendetemi.
Fukushima  è una tragedia di proporzioni enormi. Inimmaginabili.
Un cigno nero, appunto.

Allora sentirete chi dice di votare NO: vi assicureranno che le nuove centrali nucleari sono più sicure, che i rischi sono più controllabili. Che la generazione III+ delle centrali nucleari avrebbe resistito a Fukushima senza alcun problema.
Non vi parleranno mai di un cigno nero.
Non possono.
Non ci riescono.
Gli ingegneri non hanno fantasia.
Gli ingegneri non hanno immaginazione (fidatevi): progettano con in testa un grave evento, e poi lo amplificano. Ma gli ingegneri si preparano solo ad eventi prevedibili. Non sono in grado di preparasi per un cigno nero. Non sono in grado di immaginarlo.
Nessuno lo è.

Allora sentirete chi dice di votare SI: che un cigno nero può capitare anche domani. E poi ancora dopodomani.
E che allora saranno guai. Che non ne vale la pena.
E vi diranno che sono migliori le fonti energetiche rinnovabili, quelle verdi, quelle sostenibili: l’eolico e il fotovoltaico per prime.

Ma diciamocelo: esiste oggi una concreta alternativa al nucleare?
Non nel mondo, o domani.
Ma oggi. E in Italia.

La domanda di energia minima (e ripeto minima) in Italia sfiora i 30.000MW al giorno.
Cioè significa che se non eroghiamo questi 30.000MW potrebbero fermarsi trasporti, ospedali, scuole.

Ad oggi produciamo appena 18.000MW con l’energia eolica.
Quello che produciamo con il fotovoltaio è irrilevante.
Questo è un fatto: le energie rinnovabili non bastano, ma soprattutto sono fonti discontinue, dipendenti dal giorno e dalla notte, dal sole e dalla pioggia: leggo che per ogni kW prodotto con le energie rinnovabili, purtroppo, è necessario ancora un kW prodotto da fonti tradizionali.
La strada è ancora molto lunga.
Troppo lunga.

E allora? Rimangono i combustibili fossili.
Il carbone? produce anidride carbonica. E’ responsabile dell’effetto serra. Provoca nella migliore delle ipotesi l’asma ed altre malattie respiratorie. E morti: ogni anno a centinaia.
Il gas naturale? certo è più verde del carbone, ma non raccontatelo a chi lo estrae. O a chi vive nelle aree di estrazione. E anche qui ci sono morti.

Ma di questi morti non se ne parla.

E allora cosa si fa?
Si deve comunque accettare un rischio: dipende da quanto vogliamo che questo richio sia grande.
E da quanto vogliamo spendere.
E dobbiamo poi essere abbastanza maturi da poterci convivere, ogni giorno, con questo rischio.
E tenere alto il livello di attenzione.
E non lamentarci, dopo, se un giorno passerà a trovarci un cigno nero a ricordarci che quel rischio è sempre stato reale.

Possiamo votare SI.
Oppure NO.

Ma l’epoca del nucleare è appena iniziata, e qualcosa mi dice che presto o tardi saremmo chiamati comunque a valutarlo.
E a quel punto qualcun’altro avrà la leadership del nucleare.
Come oggi qualcun’altro ha la leadership dei combustibili fossili.

L’Italia rincorre.
Sempre.

Non so.
Mi sembra un referendum solo politico.
Mi sembra un quesito anacronistico.

Meglio concentrarsi allora, quasi quasi, sul legittimo impedimento…