Proprio ieri ho dedicato un post ad una mia immagine scattata (casualmente) con l’app Hipstamatic per iPhone.
Tornerò sull’argomento, ma intanto volevo condividere con voi questi scatti:

The War in Hipstamatic - Foreign Policy - 4

The War in Hipstamatic - Foreign Policy - 4

Quando è iniziata la guerra in Afghanistan l’iPhone non era stato ancora inventato. E Facebook non era ancora nei pensieri di Zuckerberg.
Da allora sono state prodotte migliaia di immagini. Che hanno raccontato non solo la guerra, ma anche un paese ed un popolo per noi molto lontani.

Forse, a distanza di tanti anni, non era necessario un nuovo reportage. Nonostante la costante presenza di molti soldati americani ed europei sul suolo Afghano.

The War in Hipstamatic - Foreign Policy - 5

The War in Hipstamatic - Foreign Policy - 5

Le immagini che pubblico qui sono di Teru Kuwayama e Balazs Gard. Un paio di fotografi che hanno accompagnato per 5 mesi un battaglione dei marines americani. Si tratta di un interessante esperimento di foto giornalismo, collegato ad un progetto chiamato Basetrack 1-8.

Tralascio volutamente le molte considerazioni che si possono fare sulle iniziative collegate a questi scatti: vi invito a leggere le pagine che ho linkato.

Mi soffermo invece su alcuni aspetti emozionali e tecnici di questo lavoro: le immagini sono incisive, bellissime. Il taglio quadrato funziona ed ha permesso di realizzare composizioni interessanti. E contrapposizioni molto forti, quasi a raccontare una storia attraverso i fotogrammi di un film.

Il filtro utilizzato nella app Hipstamatic contribuisce non solo a dare profondità e drammaticità alle immagini, ma anche a ricostruire una atmosfera fatta di sole, sabbia, sudore e fatica.

I ritratti sono meravigliosi e bucano lo schermo (merito anche di un leggero effetto Dragan). E farebbero invidia a Steve McCurry.

The War in Hipstamatic - Foreign Policy - 18

The War in Hipstamatic - Foreign Policy - 18

Ma davvero oggi basta uno smartphone, uno di quelli che si portano sempre dietro, discreti e leggeri, dotato di una app ben sviluppata che si occupa di dare carattere alle immagini per diventare foto giornalisti (le immagini venivano postate in tempo reale su Facebook e Twitter)?

La mia convinzione è che la facilità degli strumenti aiuti a concentrarsi sulla composizione, sui soggetti, sulle situazioni. Che svincoli il fotografo da annosi problemi tecnici. Lo scopo di un foto-giornalista, in fondo, non è l’immagine in sé ma ciò che l’immagine deve raccontare a chi la guarda.

E l’atteggiamento che dovrebbe ispirare un foto giornalista non dovrebbe essere il “Non pensare, scatta!” che è il motto della lomografia a cui l’app Hipstamatic si ispira (principio quasi naturale che venga anche applicato ad un telefonino, nonostante la sua natura fortemente analogica).

E comunque è strano che sia stato scelto dai fotografi un filtro d’effetto ad alterare le immagini che dovrebbero invece essere, per dovere di cronaca, più neutre.

Le argomentazioni sono molte. Certo che un fotogiornalista non può improvvisarsi. Ed il risultato di questo lavoro mi piace. Non sarà del tutto originale ma funziona benissimo. Per cui complimenti a Teru Kuwayama e Balazs Gard.

Il resto delle immagini le trovate qui.

I filtri per l’app Hipstamatic li trovate elencati qui. Le immagini sono state scattate con la John S Lens, che fa parte della dotazione standard della app.