Qui avevo asserito che forse, al contrario delle mie prime impressioni, la fotografia di strada non è una forma di reportage: nel senso che il reportage, in genere, prende un fatto straordinario e lo racconta.
Invece la fotografia di strada, quella vera, prende la normalità, la vita di tutti giorni vissuta da chiunque di noi in un luogo pubblico, e la racconta facendola diventare straordinaria.
E’ una sorta di processo inverso.
La mia era forse una provocazione, ma non credo di esserci andato molto lontano.
Ad ogni modo la questione chiave gira intorno al concetto di realtà.
Con il fatto che la fotografia di strada predilige la vita quotidiana, è facile pensare che questa sia l’espressione privilegiata della realtà.
Peter Funch |
Ma le cose stanno sempre davvero così?
Ci sono molti fotografi che riescono a mescolare in una immagine soggetti fuori dal loro elemento naturale, e magari contrapporli a qualcosa di lontanamente correlato. Ne risulta una immagine efficace e forte, ma probabilmente non realistica.
D’altra parte, provate a fotografare una scena incredibile, magari legata ad un avvenimento ricco di elementi misteriosi, e gli osservatori si chiederanno se l’immagine sia stata costruita, attentamente pianificata o magari sia stato usato il magico Photoshop.
Peter Funch |
In entrambi i casi sembra che la realtà non centri.
Le immagini in alto sono di Peter Funch, certamente uno streetpher, ma anche un abile utilizzatore di Photoshop: le sue immagini sono bellissime, ed efficaci, ma sono frutto di post-elaborazione.
Lui è capace di stare fermo per ore a scattare migliaia di foto, per poi montarle in modo sempre molto sorprendente.
E’ realtà?
Io non credo proprio.
E’ street photography?
In non credo.
E’ arte?
Forse. Lui è certamente un artista.
Philip-Lorca diCorcia |
La questione è che recentemente c’è una nuova generazione di fotografi che gira per le strade delle nostre città con la macchinetta ed il PC sotto il braccio (in senso figurato): sono persone tecnicamente molto preparate, che padroneggiano il mondo del digitale oltre che quello della fotografia tradizionale, e che hanno deciso di giocare con la street photography. E ci riescono brillantemente.
Philip-Lorca diCorcia |
Prendiamo per esempio Philip-Lorca DiCorcia: le sue immagini sono famose per fondere gli elementi tipici della fotografia documentaria, quasi da foto-giornalismo, con elementi tipici del cinema, della televisione e della pubblicità.
Le sue immagini più efficaci sono in grado di creare un forte legame tra realtà, fantasia e desiderio.
Basti pensare che agli inizi della sua carriera, DiCorcia utilizzava i suoi amici e parenti per simulare scene di vita quotidiana. E che ancora oggi, pur girando nelle città di tutto il mondo, è in grado di portarsi dietro grandi luci per illuminare selettivamente il fondale ed i suoi soggetti.
Inutile dire che molte foto di Philip-Lorca diCorcia sono progettate e pianificate nei minimi dettagli: e anche per questo risultano particolarmente drammatiche: riescono ad esempio ad enfatizzare una scena altrimenti troppo normale, o la sola espressione del viso di un passante.
Lui usa poco la post-elaborazione, e molto la previsualizzazione.
Gregory Crewdson |
Ma potrei citare anche Gregory Crewdson, con le sue foto ricchissime, scattate allestendo veri e propri set per strada, immagini quasi oniriche, quasi barocche.
Il lavoro di questi fotografi (occhio che sto parlando di veri e propri maestri del genere, riconosciuti a livello mondiale) solleva una moltitudine di domande.
Qual’è il valore documentario di una foto costruita, seppur con immagini spontanee?
Come si pone la street photography, e questo genere di fotografia in particolare, rispetto al fotogiornalismo ed alla libertà dell’arte fotografica?
Oggi le foto posso essere manipolate molto facilmente.
E le opere digitali (chiamiamole così) sono accettate con molto entusiasmo dai media, ma anche dai galleristi.
Anzi, mettiamola così: oggi una foto “tradizionale” non vende. Una foto figlia di un un lavoro di progettazione ed elaborazione ha molto mercato.
Il che porterebbe un po’ di sfiducia in chi, come me, vorrebbero lavorare nell’ambito della tradizione documentaria.
Certo è che Photoshop oggi è visto come un elemento quasi necessario: ritengo però che il risultato di una elaborazione digitale, in certi ambiti, risulti troppo “sintetico” e per questo solleva emozioni ” sintetiche”.
Detto ciò uno si aspetterebbe una sollevazione da parte dei fotografi di strada più tradizionalisti, quasi un movimento eversivo, un coro di proteste.
Robert Doisneau: lebaiser de l’hotel de ville |
In realtà se si scava un pochino, non troppo a fondo, si scopre che molti grandi fotografi del passato, da Brassai a Bill Brandt, hanno costruito immagini che sono poi passate a icone della storia della fotografia. E certo oggi pochi si chiedono se siano frutto di una messa in scena.
Nel ristorante sotto casa mia, che ogni tanto frequento, c’è una bellissima stampa, sontuosamente incorniciata, del bacio davanti all’Hotel De Ville a Parigi di Robert Doisneau: un giorno mi sono permesso di dire alla proprietaria (ottima cuoca) che la scena era stata costruita ad arte. E che lo stesso Doisneau lo aveva ammesso (sembra fosse stato costretto ricattato dagli attori che erano stati ingaggiati): “[…] non avrei mai il coraggio di fotografare due che si baciano così: quelle coppie raramente sono legittime. Solo gli amati si baciano in pubblico […]” Al di là della labile giustificazione di Doisneau, la cosa grave è che la bistecca della signora, da quel giorno in poi, è diventata troppo al sangue per i miei gusti.
La signora è evidentemente rimasta delusa. La foto è ancora al suo posto, me credo che oggi, suo malgrado, la guardi con occhi diversi.
E’ questo il punto: scoprire che una foto di strada è il frutto di una messa in scena porta ad una forte delusione.
Noi guardiamo le foto di street (o meglio a noi piacciono le foto di street) perché pensiamo che rappresentano la realtà, siamo profondamente convinti che in fondo contengono un po’ di verità, uno spaccato di vita reale, che magari ha poco senso, magari è strano, ma che comunque accettiamo perché è realemente accaduto.
Costruire una scena e spacciarla come fotografia di strada significa rinnegare il senso stesso di questo genere.
Questo è il mio parere.
Sto leggendo con moltissimo interesse la tua “guida” alla street photography che è davvero ben fatta! Fotografo da una decina d’anni ormai, ma non sono mai stato in grado di definire questa passione con la chiarezza con cui fai tu in queste pagine. Mi trovi fin’ora in perfetto sintonia d’idee e obiettivi! Amo molto ricercare l’attimo di straordinaria realtà nelle foto e, sebbene riconosca dei capolavori espressivi nelle fotografie “ritoccate” o in quelle dalle composizioni studiate a tavolino, il mio piacere nasce proprio dall’attesa e dal cogliere l’attimo fuggente. Sono come un pescatore che si compiace di aver pescato dopo ore sotto il sole un pesciolino, ma fiero di non mostrare una balena acquistata al mercato spacciandola come frutto della propria pesca.
Sono veramente d’accordo sulla frase finale del post:
“Costruire una scena e spacciarla come fotografia di strada significa rinnegare il senso stesso di questo genere.
Questo è il mio parere.”
… assolutamente d’accordo, è fondamentale attenersi al rigore, scattando foto autentiche, che trasmettano un autentico momento di vita. Chiunque costruisce una scena o la ritocca e manipola in postproduzione non fa assolutamente “Street Photography”.
A questo punto … dobbiamo fare un distinguo, soprattutto per quanto riguarda Robert Doisneau; lui era molto amico di Cartier-Bresson, ne conosceva il rigore e lo rispettava moltissimo, Doisneau era uno che giocava molto con la fotografia e spesso, per giocare, per far parlare molto chi poi andava a leggere le sue immagini, usava mescolare le sue fotografie … quelle fatte secondo il rigore Bressoniano e quelle impostate o preparate, foto come questa del famoso bacio all’hotel de ville o come altre (è famosa anche quella della coppia che si bacia passando a fianco di un fruttivendolo con il suo carretto di arance).
Attenzione però che Doisneau era comunque un grande Street Photographer … oltre a queste immagini preparate, ne ha fatte moltissime che sono davvero grandi immagini di street. Lui ci giocava e noi, a distanza di mezzo secolo, siamo giustamente ancora quì a parlarne.
Come si risolve il problema dunque? Con la cultura, l’informazione e l’onestà individuale … sperando che diventi sempre più … collettiva.
La cosa più importante è che chi ha voglia di fare street, la faccia seriamente, senza prendere scorciatoie, senza barare … perchè se bara (predisponendo prima o manipolando dopo) e palese, scontato, chiarissimo e indubitabile … almeno per l’autore stesso … che non stà facendo affatto “Street Photography”.