Ogni fotografo ha un proprio workflow.
Generalmente è dettato dalla esperienza personale, ma anche da esigenze particolari e dagli obiettivi che ci si prefiggono. E, non ultimo, dalla tecnologia che usa.

Io per esempio non sono un professionista, ma un amatore, per cui mi posso permettere maggiore flessibilità nel mio modo di lavorare: immagino che chi fotografa ai matrimoni, o sta a bordo campo durante una partita, abbia un workflow nettamente diverso, molto più vincolato dai tempi da rispettare, dalle spese da contenere, e soprattutto dalle aspettative del cliente.

Provo qui a riassumere il mio, anche per avere una to-do list come riferimento.
Lavoro in digitale. Per lo più.

Personalmente mi voglio soprattutto divertire, ma ho anche la necessità di ottimizzare tempo e risorse e di ottenere delle foto soddisfacenti, da poter pubblicare magari in una gallery, e salvaguardare lavoro e attrezzatura da fastidiosi imprevisti.

Cosa faccio prima di partire:

— Metto in carica le batterie della camera: mi sono necessarie almeno due batterie. Una per la macchina, l’altra per il battery-grip addizionale della reflex: questa non lo uso sempre, ma indubbiamente diventa comoda negli scatti verticali, avendo i comandi di scatto replicati su uno dei lati.Quindi meglio prepararla.


— Metto in carica le batterie del flash: nel mio caso sono stilo AA al Ni-Mh ricaricabili. Queste si scaricano rapidamente: almeno 2 set completi ed omogenei da 2500mAh. E ci vogliono ore per ricaricarle completamente. Per fortuna costano poco ed assorbono bene i cicli di scarica-carica.

— Metto in carica le batterie dello smartphone per il software di GeoTAG: io uso un iPhone per il quale ho una serie di applicazione di geotagging. Normalmente è sufficiente portarsi dietro il dispositivo acceso con il programma in esecuzione, ma il consumo della batteria è in genere elevato.

— Stampo un bel po’ di liberatorie: le porto sempre con me, non si sa mai. Se conosco i nomi dei soggetti, le compilo prima. Mi risparmierà tempo prezioso poi. I miei dati sono già stampati, ma ne porto anche qualcuna completamente in bianco: succede sempre che qualcuno degli amici fotografi ne abbia bisogno: tanto vale non perdere tempo a riscriverla sul posto. Bisogna ricordarsi che per ogni soggetto è necessario compilarne due, per entrambi le parti.

— Formatto tutte le schede di memoria: io utilizzo schede da piccolo taglio (2GB o 4GB). Questo perché in caso di incidenti il numero di foto che si possono perdere è minore: potrebbe sempre succedere che una scheda si guasti o risulti illeggibile. Fortunati quelli che hanno le macchine con la doppia scheda. Ricordarsi di togliere, se usate le SD, la protezione da scrittura. Ne ho con me almeno una decina, che mi durano per un paio di giorni, quando scatto con regolarità durante un viaggio. In alternativa meglio portarsi dietro il PC.


— Pulisco gli obiettivi: sia il vetro anteriore che quello posteriore, con un panno asciutto e senza pelucchi. Eccezionalmente uso il liquido per pulire le lenti degli occhiali, ma in questo caso è importante asciugare bene. La polvere o i peli sulla lente frontale comunque difficilmente saranno visibili in una foto, perché fortemente fuori fuoco.

— Inserisco ogni obiettivo in una busta per surgelati e la fisso con un elastico: non è necessario sigillarli, ma anche se hanno il tappo e sono tropicalizzati meglio non rischiare: potrebbe succedere che aprendo lo zaino (o la borsa) si possano versare ad esempio, dei liquidi. Per non parlare del vento forte che porta con sé anche sabbia. Queste buste poi torneranno utili in caso sia necessario scattare sotto la pioggia: una di queste potrà proteggere la camera; per l’obiettivo basta liberare le estremità dalla plastica, montarlo sulla camera e sfruttare l’elastico per evitare che questo involucro impermeabile improvvisato di buste voli via. Sempre meglio che acquistare quegli accessori ad hoc.

Pulisco il sensore: io uso la pompetta ad aria. Tengo la fotocamera con l’attacco dell’obiettivo verso il basso. E dal basso soffio l’aria (in modo energico) verso l’alto con la pompetta, aspettando almeno 4 o 5 secondi tra un soffio ed un altro. Questo per due motivi: la polvere che muovo con l’aria deve uscire per gravità (e non ridistribuirsi all’interno); e devo evitare di rispingere dentro la camera la polvere sollevata dal soffio precedente. Se serve faccio una foto al cielo (quando posso) per vedere se ci sono granelli visibili. Mai sfiorare il sensore: se avete polvere ostinata, fatevelo pulire da un laboratorio specializzato.


— Resetto le impostazioni della macchina: sulle Nikon c’è una combinazioni di tasti che azzera i parametri che normalmente si variano durante gli scatti: bilanciamento del bianco, ISO, esposizione, programmi, punti di messa a fuoco, bracketing, etc. Metto la camera in priorità di diaframmi, controllo il profilo colore (Adobe RGB) e la imposto secondo un profilo neutro, azzero i filtri per rumore e nitidezza. Controllo che i pulsanti programmabili abbiano le funzioni attese.



Carico nella macchina una scheda di memoria formattata: ho abilitato la funzione per cui la camera non scatta senza scheda. Questo mi risparmierà brutte sorprese, ma la scheda meglio mettercela subito.

— Inserisco le schede di memoria nelle loro custodie in borsa: ho una convenzione: se sono inserite con la faccia in alto, allora sono vuote, se invece sono inserite con la faccia in basso, sono piene.

Preparo la borsa:


— Dispongo di uno zaino a mezza spalla: è comodo perché posso girarmelo sul davanti senza toglierlo, e sfilare la macchina in modo rapido. Ma alla lunga stanca se lo carico troppo. La buona regola è non metterci niente che possa danneggiare l’attrezzatura: anche una bottiglietta di acqua  potrebbe essere un rischio.


— Ovviamente mi devo portare dietro tutta l’attrezzatura: dipende dal tipo di sessione e dalla durata dello spostamento, ma in generale questo è il mio zaino tipo (almeno nel momento in cui scrivo…):

  – Reflex DSLR Nikon D300
  – Tokina 16-55mm F2.8 DX, in alternativa Nikon Nikkor 35-70mm F2.8D (come configurazione base).
  – Battery-grip compatibile Nikon MB-D10.
  – Sigma 70-200mm F2.8 EX HSM APO.
  – Sigma 35mm F1.4 EX (lo uso per la street photography o quando voglio essere leggero).
  – Nikon Nikkor 85mm F1.8D (lo uso per i ritratti, ma in alternativa va bene anche il 70-200).
  – Cavalletto Manfrotto 190XB + testa Manfrotto 488RC2 con piastre di sgancio rapido: verifico sempre la testa e le giunzioni. E porto con me almeno un paio di piastrine per lo sgancio rapido da montare sulla fotocamera o sugli zoom.
  – Flash Nikon SB600.
  – Filtri polarizzatori circolari.
  – Filtri degradanti grigi.
  – Un cartoncino grigio 18%.
  – Carica batterie per macchina e per flash.

    Sono opzionali:


      – Nikon Nikkor 105mm Micro F2.8, a meno che non debba fare macrofotografia.
      – Il cavalletto per il flash.
      – Filtri e gelatine varie (ormai non le uso quasi più).
      – Il computer portatile (cerco di non portarlo mai con me).

    Sono pronto a scattare (in RAW, o NEF). Ogni scatto pesa circa 15MB. In genere durante un week-end dedicato alla fotografi, finisco con l’avere anche 5000 files. E’ importante fare una prima selezione durante la sessione, in modo da togliere di torno tutte quelle foto che sicuramente sono destinate ad essere cestinate.
    Una bella ragazza ci stava bene: questa foto è in studio con i flash in sincro.

    Ma quando arrivo a casa la prima cosa è il backup:


    — Mi metto al PC e creo una cartella con la data (in formato internazionale anno-mese-giorno) ed il nome del lavoro: ho una partizione sul mio HDD che è dedicata alla fotografia che è sincronizzata con una HDD esterno grazie ad un software che simula una configurazione RAID : io uso ViceVersa, che è a pagamento, ma può essere utile anche FreeFileSync che è open source.




    — Copio tutte le immagini (rigorosamente RAW) dalle schede.

    — Scannerizzo tutte le liberatorie firmate: è comodo averle con le immagini, perchè se serviranno saranno a portata di mano.

    — Faccio un backup su DVD (a volte ne faccio due, se devo subito formattare le CF per altri scatti: compro DVD in stock, ed arrivo a pagarli anche 0,20€ l’uno: per cui non risparmio sui backup): li segno come “RAW”, la data e il nome del lavoro. Dentro ci metto sia gli scatti che le liberatorie.

    — Archivio i DVD: ho dei raccoglitori tematici.

    Da questo momento sono pronto a selezionare con serenità le foto sul PC.

    Da qui.
    La maggior parte del lavoro è fatta con Adobe Lightroom:


    — Taggo le immagini in blocco: se posso farlo facilmente inserisco in modo batch un titolo provvisorio, ed alcuni TAG: luoghi, genere, soggetto, scena, etc. Questo lavoro è il più noioso, ma il più importante. Anche se molte delle foto non saranno utilizzate per lo scopo finale, comunque saranno archiviate, e magari un giorno torneranno utili. Senza alcuni TAG sarà impossibile ritrovarle in mezzo a milioni di files. In questa fase inserisco anche la localizzazione, in genere con l’ausilio di appositi software e sulla base del tracciato GPS rilevato con lo smartphone.


    — Inizio la selezione. Lo scopo è arrivare ad un massimo di 10-20 foto per “set”: scarto tutte gli scatti che non mi convincono, senza troppi problemi (tanto ho il backup!). Uso un procedimento iterativo, che sfrutta un meccanismo di “rating”, ormai standard, fatto con le “stelle” (da 0 a 5).
      • Giro 1: segno le foto che vanno eliminate e poi le elimino.
      • Giro 2: segno le foto con “una stella” e poi filtro tutte le altre.
      • Giro 3: rimangono le foto con “una stella”; segno le foto con “due stelle” e poi filtro tutte le altre.
      • Giro 4, 5, 6 stessa cosa: alla fine rimango solo con le foto con “5 stelle”: normalmente elimino le foto con 1 o 2 stelle (in base alla loro numerosità” (tanto ho i backup!)).
      • Mi concentro solo sulle foto da 4 o 5 stelle.

    — Taggo le singole immagini: se ho fatto un buon lavoro di selezione, sono passato da qualche migliaio di foto, a qualche centinaio, o a qualche decina. E’ arrivato il momento di catalogarle per bene: titolo, tag specifici, coordinate geografiche, etc. In questa fase le operazioni batch su molte foto non sono consigliate. Alcune di queste informazioni potranno essere affinate successivamente, magari quando passerò all’editing. O anche dopo, in fase di pubblicazione. Per cui l’attività di tagging, per esperienza, è fatta per fasi.


    — Rinomino le foto: all’inizio deve esserci sempre il nome del file originale (spesso “_DSC123456.raw, altrimenti perdo la tracciabilità con il primo backup): io ci aggiungo il titolo ed un contatore. Questa operazione deve essere automatizzata: Lightroom lo fa, ma ci sono molti altri software gratuiti che rinominano i files grafici a partire dai loro TAG, anche riorganizzando le foto in cartelle.

    — Faccio un altro backup: un altro DVD, dove questa volta ci metto solo le foto selezionate (4 e 5 stelle) e salvate con un titolo ed i TAG. Mi assicuro che accanto ad ogni file RAW ci siano i files XMP generati da Lightroom: lì, in questa fase, ci sono tutti i tag. Lo metto insieme al primo DVD, ma questo lo etichetto come RAW+XMP, data, nome del lavoro e “selezione”.

    Ora posso passare alla fase di editing.

    • Bilanciamento del bianco
    • Esposizione
    • Curve
    • Rumore
    • Eventuale crop per la composizione
    • Saturazione/morbidezza
    Queste sono gli interventi minimi: se per una foto mi ci vogliono più di 30 secondi per trovare la correzione adeguata, allora la foto è da considerarsi sbagliata: inutile insistere.
    Eventualmente provo qualche filtro in preset, o ulteriori impostazioni, ma il tempo da dedicare in post-produzione per me non deve oltrepassare i due minuti. Sarà che mi annoia…

    Se decido di covertire la foto in bianco e nero, dedico qualche secondo nel provare qualche filtro colore digitale (ne parlerò, prima o poi).

    • Una volta fatti tutti gli aggiustamenti, mi assicuro che accanto ad ogni file RAW ci siano i files XMP che descrivono le modifiche (in Lightroom ogni intervento è “non distruttivo” ed è descritto su un file XML con estensione XMP).
    • Esporto le immagini ritoccate e non sia in TIF (alta risoluzione) che in JPG (da usare per la ricerca e la pubblicazione nelle gallerie via web)
    • Faccio il terzo backup: un nuovo DVD che etichetto come “RAW+XMP+TIF+JPG”, data e nome lavoro.
    • Normalmente sul PC rimangono i JPG: tutti i files vengono trasferiti su un HDD esterno (un altro, separato da quello che viene sincronizzato. Per altro non fidatevi dei DVD: dopo qualche anno sono destinati a rovinarsi) e cancellati dal PC: non posso permettermi di conservarmi centinaia di giga di dati sul disco di lavoro.
    Alla fine del worflow: ho 3 copie effettuate in fasi differenti del mio lavoro su DVD. Più una copia completa finale su HDD esterno. I JPG sul PC e nella varie gallery. I TIF in laboratorio per la stampa.

    Attraverso Lightroom (nell’ultima versione l’integrazione con Flickr è di serie) pubblico alcune immagini nella mia gallery on-line, in modo rapido, senza nemmeno dover aprire il browser web.