Con l’avvento del digitale l’uso dei filtri ottici è molto calato.

Si tratta di accessori che in genere si montano sull’obiettivo e che servono, per lo più, a cambiare la resa finale dell’immagine, modificandone la luce e/o i colori originali.

Ne esistono di svariati tipi: alcuni sono utili per la fotografia in bianco e nero (ne parleremo), altri cambiano la tonalità di colore. Altri sono creativi, ed inseriscono effetti come riflessi e flare nell’immagine finale. Date una occhiata al sito della Cokin, che è sempre stata leader nel settore: qui trovate una carrellata dei suoi filtri.

Tutto ciò oggi si fa molto più facilmente seduti davanti al proprio PC: i filtri in post produzione sono certamente più economici, ma soprattutto più pratici. Si scatta una immagine in modo normale, e solo dopo si sperimenta con i filtri.

Ma oggi non ci occupiamo di filtri digitali.
Oggi parliamo di quei filtri ottici che non solo sono utili, ma in alcuni casi necessari ed insostituibili. Filtri che non dispongono di un equivalente digitale.

Il primo è certamente il filtro polarizzatore.
E’ il primo che in genere si acquista.
Se parlate con chi è specializzato in paesaggi o fotografia di viaggio, vi dirà che lo porta sempre montato su tutti gli obiettivi.

Da qui.
Il filtro polarizzatore, al centro, fa passare solo la luce incidente, polarizzata.

Cerchiamo di semplificare: la luce può essere scomposta in una componete incidente ed una componente diffusa o riflessa, disordinata per direzione ed intensità.
Se la luce polarizzata può essere immaginata come una luce ordinata, che arriva ben composta dalla sorgente, la luce non polarizzata invece è l’effetto di varie riflessioni e rifrazioni.

Basta una giornata di foschia, oppure un ambiente ricco di pulviscolo atmosferico, per sperimentare che la luce si scompone in una componente fortemente diffusa. Ma basta anche immaginare una superficie riflettente, come ad esempio la vetrina di un negozio, oppure la superficie dell’acqua di una piscina, per capire come gli effetti di luce possano diventare caotici. A volte interessanti, a volte fastidiosi.

La luce diffusa, non polarizzata, altera non solo i colori, ma soprattutto i contrasti di una immagine. E alle volte anche i suoi dettagli.

Allora cosa è stato inventato: un filtro composto da minutissime lamelle, distanti tra di loro come la lunghezza d’onda della luce incidente. Queste lamelle fanno passare solo la luce incidente, mentre schermano tutte le componenti di luce diffusa.

In commercio ne trovate di due tipi: quelli lineari, adatti solo agli obiettivi che hanno ottiche fisse (che non ruotano durante la fase di zoom o di messa a fuoco) e che hanno l’esposimetro esterno (quindi ormai materiale datato). E quelli circolari, adatti a tutti gli obiettivi e a tutte le camere.
Montandone uno si nota subito che tolgono parecchia luce ed a volte degradano i dettagli: ed infatti vi ritroverete a compensare con tempi più lunghi (o diaframmi più aperti). Ma questo credo che sia ovvio. Ecco perché spesso si accoppiano ad obiettivi luminosi ma soprattutto sono scarsamente usati in interno.

Ma passiamo agli effetti di un polarizzatore.

Da qui. A destra dopo aver usato il polarizzatore.
Da qui. A destra con il polarizzatore.
Da qui. In basso con il polarizzatore.

Le immagini parlano chiaro. Gli effetti sono incredibili e non possono essere ottenuti in post-produzione.

Soprattutto l’eliminazione dei riflessi può essere fatta solo con l’ausilio di un filtro ottico. Non ci sono alternative.

Quindi non risparmiate nell’acquisto. Un buon filtro di un diametro medio può anche arrivare a costare 100 euro. Diffidate di marche sconosciute. Vi serve qualcosa di qualità e che sia duraturo.

E poi ve ne serve uno per ogni differente diametro di obiettivo che intendete utilizzare: qualche volta si trovano dei kit con i polarizzatori  di varie misure: ma la qualità che ho potuto constatare è scarsa.

Quando usarlo: se siete in buone condizioni di luce, per esempio in giornate assolate, vi consiglio di montarlo sempre. Avrete anche il risultato di proteggere la lente dell’obiettivo, sicuramente più costosa e preziosa. Perderete uno o due stop di luminosità, ma pazienza.

Spesso il polarizzatore viene associato al fatto che scurisce il cielo dando maggiore profondità all’immagine, soprattutto perché aumenta il contrasto con le nuvole (a volte le nuvole possono addirittura sparire, visto che sono bianche per effetto del fatto che diffondono allo stesso modo tutte le lunghezze d’onda della luce).
Per altro a volte potete controllare la saturazione del cielo semplicemente ruotando il filtro.
A proposito di questo, il massimo effetto si ha nell’area di cielo posta a 90° rispetto al sole (quindi quando avete il sole alla vostra destra o sinistra). Con il sole frontale o alle vostre spalle, l’effetto del polarizzatore è quasi nullo.

Altra funzione è quella di togliere i riflessi. Pensate a superfici di acqua (addirittura vi permette di vederci attraverso), alle superfici trasparenti come il vetro (pensate ad un grattacielo o alle superfici delle finestre o alle vetrine di un negozio) o quelle fortemente riflettenti (come le lamiere di un’auto colorata): in tutti questi casi il polarizzatore diventa un accessorio d’obbligo.

Da qui. A destra con il polarizzatore.

Se magari vi fate un giro in auto, o in pullman, e volete immortalare i soggetti al di là del vetro, allora il filtro polarizzatore diventerà il vostro più grande amico.

Per concludere una nota: ad onor del vero c’è qualche filtro digitale che si vanta di poter fare il lavoro di un polarizzatore ottico. Mi viene in mente il set di NIK Software. O quello della Schneider.In realtà si limitano a lavorare sulle curve, sul contrasto e sulla saturazione: se volete scurire il cielo sono in effetti efficaci (a patto che scattiate in RAW). Niente da fare per i riflessi: quindi, per quello che costano, investite nel filtro hardware.

Da qui. A sinistra l’immagine con il polarizzatore.

Date un occhio anche qui ed al video in basso.

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