Da me si chiama la bomba.
Ma molti la chiamano grattachecca.

Ghiaccio e menta. Al massimo ghiaccio e orzata. Qualcuno azzarda la coca cola.

Ti viene preparata una granita a partire da un enorme pezzo di ghiaccio. Viene grattato con uno strano arnese. Ti viene riempito un bicchierino: qualche goccia colorata per un po’ di sapore dolce e fa la felicità di tutti.

Mi hanno raccontato di caldi estati senza il frigorifero nelle case. Durante i quali la bomba era venerata nel paese un po’ come la processione del santo patrono.

Arrivava il carretto nella piazza della festa, e subito veniva preso d’assalto.

Mi hanno raccontato delle ghiacciaie: di enormi stanze in cui veniva prodotto il ghiaccio per tutta la comunità. Veniva avvolto nei sacchi di tela, giusto per farne arrivare un po’ a casa, da tuffare nella brocca dell’acqua della domenica.

Mi hanno raccontato di feste povere ma divertenti. Semplici ma spensierate. Dove un po’ di ghiaccio non significava solo qualche momento di refrigerio, ma soprattutto un momento di aggregazione sociale.

Mi faccio una bomba…