Qualche anno fa André Rabelo postò sul suo account di Flickr una immagine: la foto in bianco e nero di un ciclista scattata dalla cima di una scalinata.

André Rabelo - Mario's Bike   Flickr

André Rabelo - Mario's Bike Flickr

Dopo dozzine di commenti, molti dei quali duri ed impietosi, Andrè ha rivelato che l’immagine non era sua, ma di un certo Henry Cartier-Bresson, considerato universalmente uno dei più grandi fotografi mai esistiti.

Ad oggi il post di Andrè, visibile qui sul suo stream, conta oltre 530 commenti, che ovviamente hanno un tono molto diverso e celebrano il genio ed il “momento decisivo” di Cartier-Bresson. Se cliccate sullo screenshot a lato, divertitevi pure a leggere i primi commenti che accusano il fotografo di non avere “mano ferma” e adeguato occhio compositivo! Molti altri, più recenti, offrono molti spunti di riflessione.

Lasciamo stare il fatto che Andrè non poteva attribuirsi, anche solo temporaneamente, una immagine di altri e tanto meno pubblicarla su un social network… questo è altro discorso!

Conoscere la storia della fotografia, per un fotoamatore che predilige la street photography e il reportage urbano, credo sia quasi obbligatorio. All’epoca, non riconoscere uno dei più famosi scatti di Bresson mi sembrò un oltraggio fuori misura. E giudicai i poveri utenti di Flickr che erano caduti nel tranello quasi indegni di provare a produrre immagini artistiche o documentarie.

La questione non è però semplice: oggi siamo inondati da così tante immagini che a volte sceglierle, analizzarle, organizzarle, giudicarle è una impresa a dir poco ardua.

Il problema è che questo lavoro, relativamente ai fotografi del passato, sembra lo abbiano già fatto per noi: migliaia di scatti sono passati al vaglio della “cultura” e del “tempo” (notate le virgolette). E se poi non riconosciamo uno di questi scatti rischiamo di sentirci inadeguati (alcuni utenti di Flickr si sono poi giustificati dicendo che “sono stati al gioco” pur avendo subito riconosciuto l’opera d’arte dell’artista francese)

In effetti molti di questi “grandi scatti” di questi “grandi fotografi” provocano in me gioia, soddisfazione ed un senso di ammirazione (ed invidia) molto forti. Ma altri loro scatti assolutamente no: molti di queste immagini che sono state scelte per me e che stanno tutt’ora sfidando la storia mi lasciano indifferente. Anzi non sopporto il fatto che siano ancora lì, sui libri di storia, sulle pareti dei musei.

Perchè? Chi lo ha deciso? Ammetto di non avere forse le adeguate competenze ma l’avversione e l’irritazione ha addirittura preso il posto, in molti casi, dell’indifferenza iniziale.

Potrei farvi decine di nomi, ma la produzione di un fotografo non può essere per forza tutta all’altezza del suo nome. E le operazioni di speculazione nel settore della fotografia di autore non sono rare.

Io non riesco ad amare tutte le foto di un stesso autore. Ma molti intorno a me, forse più esperti di me, riescono ad amarle tutte indistintamente, snocciolando pregi che per quanto mi sforzi non riesco a cogliere.

Per cui, quando si vuole parlare di storia, di cultura, di stile di un artista, io mi perdo facilmente.

Non parlatemi di Stieglitz, ma parlatemi del suo Terminal. Non parlatemi di Bresson, ma parlatemi dei suoi reportage in Sud America o delle immagini della gente per le strade di Parigi. Non parlatemi di Strand, ma parletemi del suo Blind. E così per Klein, Erwitt, Hine, Frank (di cui adoro solo the Americans).

Da questo punto di vista il “mi piace / non mi piace” in stile Facebook non sarebbe da sottovalutare: la necessità di produrre un commento critico spesso complica gli scenari. Ci sono troppe persone che vogliono argomentare, e tutte in modo originale. Così i commenti e le critiche ad una immagine si moltiplicano in modo virale, rendendo addirittura noiosa e alienante la visione di una foto.

E basterebbe solo un pollice verso per giudicare una immagine con il proprio metro di gusti e sensazioni.

PS 1):
le mie osservazioni sono una provocazione. Non conoscere alcune delle icone della fotografia era e rimane un grave peccato!

PS 2):
la foto della bicicletta di Bresson mi piace molto. E per fortuna qualcuno ci scherza su in modo simpatico: